Da “Il Ponte”
14 Febbraio 2021
Arte come “strumento” per compiere una vera e propria esperienza spirituale. È la natura, la caratteristica principale e lo scopo dell’arte sacra, che è cosa diversa dall’arte religiosa: solo la prima, infatti, è arte direttamente ispirata dalla Fede, che permette, attraverso l’individuazione e la comprensione dei suoi simboli, di accostarsi al Mistero di Dio. Il simbolismo è rintracciabile in modo importante nello stile architettonico gotico e neogotico, di cui abbiamo un esempio a Rimini, nella chiesa dei salesiani di Santa Maria Ausiliatrice, progettata dall’architetto bolognese Giuseppe Gualandi. Proprio su questa chiesa, e sul suo valore storico, artistico, simbolico e, di conseguenza, sacro, è dedicata la preziosa tesi di laurea di Sonia Bodellini, riminese, realizzata con il professor Alessandro Giovanardi per la triennale dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘A. Marvelli’.
Sonia, qual è il percorso che l’ha portata a realizzare questo lavoro?
“Ho frequentato il corso di laurea triennale all’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘Alberto Marvelli’ di Rimini. Durante questo percorso, ho avuto modo di frequentare il corso di arte con il professor Alessandro Giovanardi, ed è stato talmente interessante da convincermi a realizzare la tesi di laurea proprio su questa materia. Tutta questa esperienza di studi è nata da un grande desiderio, perché si è trattato di un percorso che ho portato avanti parallelamente al lavoro, nel tempo libero. È stato come realizzare un sogno che avevo nel cassetto”.
Un desiderio che l’ha portata a scegliere, come argomento della tesi di laurea, il tema dello stile gotico (e neogotico) e del simbolismo religioso. Com’è arrivata a questa decisione?
“Ho voluto calare l’argomento della mia tesi nella realtà locale, nello specifico guardando alla chiesa di Santa Maria Ausiliatrice di Rimini. Siccome dal punto di vista delle fonti storiche c’era già tanto materiale dedicato a questa chiesa (grazie ai preziosi libri realizzati da Manlio Masini), ho pensato di analizzarla inserendola nel più ampio discorso del simbolismo nell’arte sacra, rintracciabile nello stile gotico e neogotico. Stile nel quale questa chiesa rientra”.
Partiamo allora dall’inizio, facendo un piccolo excursus sulla storia di Santa Maria Ausiliatrice.
“Siamo all’inizio del Novecento quando la Cassa di Risparmio, la Diocesi e il Comune di Rimini decidono di demolire l’allora oratorio di San Tommaso, che apparteneva a un monastero ormai decadente, dando in cambio alla Curia un lotto di terra fuori dal centro storico, sul mare, e un sostegno economico per costruirvi una nuova chiesa. Siamo in un’epoca in cui la maggior parte della vita cittadina si svolgeva nel centro, mentre le zone del mare erano dedicate agli orti e poco altro. Anche se, piano piano, stavano cominciando a nascere le prime comunità di residenti e i primi, seppur in forma contenuta, flussi turistici. Una nuova chiesa in quella zona, dunque, avrebbe permesso ai turisti e ai residenti di partecipare alla Messa: così, nel novembre del 1912, viene posta la prima pietra e nell’agosto del 1913 si tiene la prima celebrazione liturgica. Nasce così la chiesa di Santa Maria Ausiliatrice di Rimini, anche se all’epoca non aveva ancora un nome: veniva chiamata, infatti, la ‘cisa nova’, la chiesa nuova”.
E come si è arrivati al nome con cui è conosciuta ancora oggi?
“Prese il nome, inizialmente in latino (Santa Maria Ausilium Cristianorum), dopo la Prima Guerra Mondiale, perché durante il conflitto svolse un importante ruolo di sostegno ai tanti sfollati che si trovavano a Rimini. Ruolo fondamentale soprattutto dopo la disfatta di Caporetto: la sconfitta militare, infatti, aveva spinto da Udine, da Treviso e poi da tutto il Veneto un grande numero di sfollati lungo la riviera romagnola, soprattutto a Cesenatico, Rimini e Cattolica. Sfollati che si rifugiavano dove capitava: nelle ville e negli alberghi, rimasti disabitati a causa della guerra, e soprattutto nella chiesa. Chiesa che aveva un ruolo non solo come rifugio, ma anche come punto di riferimento strategico: fu grazie alla chiesa di Santa Maria Ausiliatrice, infatti, che i parroci veneti tennero le comunicazioni e raccolsero informazioni sui vari membri rimasti separati delle famiglie profughe. Gli sfollati, poi, se ne andranno nel 1919”.
Veniamo al cuore del suo lavoro. Da cosa è partita la sua analisi?
“Questo lavoro si pone come approfondimento dello stile neogotico nei suoi aspetti teologici, filosofici e artistici, e della figura storica, umana e religiosa dell’architetto e ingegnere bolognese Giuseppe Gualandi, che ha fatto ampio uso di questo stile e che ha progettato proprio la chiesa di Santa Maria Ausiliatrice di Rimini. La figura di Gualandi è molto interessante, sia a livello artistico sia umano, e merita una breve digressione”.
Prego.
“Giuseppe Gualandi appartiene a una famiglia di architetti. Lo erano, infatti, anche il padre e il figlio. Ma la loro vera specificità è quella di poter essere definiti, nella sostanza, come dei costruttori di chiese, perché per tutte le loro vite professionali si sono dedicati alla realizzazione di edifici religiosi: basti pensare che Giuseppe Gualandi ne ha progettate ben 59, e il padre ancora di più. Come detto, però, il fascino della famiglia Gualandi non sta solo nella loro vita professionale, ma anche nel valore del profilo umano. Si trattava di una famiglia bolognese nobile-borghese molto attiva in ambito cattolico. Nello specifico, la figura di Giuseppe Gualandi era caratterizzata dalla sua grande generosità: in diversi casi, infatti, il suo lavoro era messo a disposizione a titolo gratuito, soprattutto quando riconosceva nei ‘committenti’ un particolare impegno nella Fede”.
Come ha anticipato, elemento centrale della sua tesi è il simbolismo. In quale prospettiva?
“Arriviamo al tema del simbolismo proprio attraverso Gualandi: i suoi lavori, infatti, e quelli della sua famiglia, non sono definibili come semplici chiese, ma come veri e propri edifici sacri, perché colgono la presenza di Dio. Siamo di fronte ad arte sacra, che è diversa dall’arte religiosa, in quanto solo la prima è ispirata dalla Fede. Ed è qui che si arriva al cuore del simbolismo: nell’arte sacra, gli elementi materiali rappresentano un rimando, un richiamo alla realtà come segno di Altro, ossia del mondo spirituale, di Dio. Simboli, per l’appunto. Un tipo di concetti e di linguaggio che l’uomo moderno, che si ritiene razionale e scientifico, non è più in grado di intendere”.
Cosa significa che l’arte è ispirata dalla Fede?
“Si tratta di arte che fa riferimento a princìpi fondamentali della Tradizione, che non limitano l’autore ma, al contrario, ne permettono una creatività più profonda e più vera. L’arte sacra, infatti, nasce direttamente dalla Fede, senza di essa non potrebbe esistere: Fede dell’artista che, come detto, grazie ad essa realizza l’opera, e Fede dell’osservatore, che attraverso di essa è in grado di cogliere ciò cui i simboli rimandano. La specificità di questo tipo di arte, dunque, sta nel fatto che se vi si approccia avendo gli ‘strumenti’ per coglierne i simboli, si ha la possibilità di compiere una vera e propria esperienza spirituale. È ciò che avviene nelle chiese gotiche e neogotiche, caratterizzate dal simbolismo. Come i lavori di Gualandi”.
E quindi come nel caso della chiesa di Santa Maria Ausiliatrice. Quali sono gli elementi simbolici più importanti di questa chiesa riminese?
“Ce ne sono tantissimi, ma sicuramente il più importante è l’altare. L’altare è il centro del Tempio, in cui tutte le linee convergono, e perciò è causa e origine di esse. Per questo è l’elemento più sacro di tutti. Inoltre si inserisce nell’alveo degli altari dell’Antico Testamento: essi erano in terra o in pietra, in quanto non dovevano essere lavorati da mano d’uomo. A partire da questo, anche gli altari cristiani vennero realizzati in pietra naturale, come simbolo e secondo l’indicazione di Cristo, che si paragonava alla pietra angolare. In questo senso, dunque, l’altare diventa il segno di Cristo. E l’altare, come pietra posta al centro del Tempio, riassume tutte le pietre che costituiscono gli elementi essenziali nella costruzione dell’edificio. In sostanza l’altare, cioè Cristo, è il motivo per cui esiste il Tempio stesso. Altro importante elemento simbolico da segnalare è la porta della chiesa. Fin dall’antichità, la porta ha sempre avuto un forte significato simbolico di passaggio verso il mondo spirituale, di collegamento tra Cielo e Terra. In Santa Maria Ausiliatrice, anche la porta diventa simbolo di Cristo: ciò attraverso cui occorre passare per arrivare a conoscere il Mistero di Dio. Elemento, questo, che ha fondamento teologico: nel Vangelo di Giovanni, infatti, troviamo Gesù che si riferisce a se stesso come: ‘Io sono la porta, se uno entra attraverso di me sarà salvato’”.
vedi articolo originale pubblicato su il Ponte il 14 febbraio 2021